Il chiostro del convento, anni ’60.

La località del Torricchio prende il nome da una torre di avvistamento che in epoca medievale fu costruita su una collinetta prossima al padule e che, successivamente, versò in rovina, tanto da essere definita un “torricchio”. Nei pressi della torre, come racconta la leggenda agiografica, S. Allucio era solito portare al pascolo i propri armenti. Una volta, si trovò coinvolto da un fortunale, che fece innalzare le acque del padule e straripare il vicino fiume Pescia, allagando la campagna. Allucio pregò il Signore di salvare se stesso e i bovini, per cui miracolosamente le acque si ritirarono attorno a loro e poterono rientrare a casa sani e salvi. A fianco della torre di avvistamento, fu eretta una chiesa dedicata a Santa Maria e Santa Marta, di proprietà del Comune di Uzzano, che provvedeva ad affidarne la custodia a un “romito”, ossia un sacerdote eremita, con l’obbligo di celebrarvi la S. Messa nei giorni festivi e il 13 maggio di ogni anno. In tale occasione, il “romito” doveva preparare una modesta colazione ai rappresentanti del Comune e rimettere simbolicamente nelle loro mani le chiavi del romitorio, che gli venivano subito riconsegnate. Il 19 gennaio 1566, morì improvvisamente il “romito” Fra’ Giuliano, per cui il consiglio della Comunità di Uzzano si riunì per stabilirne la successione. Anziché insediare un nuovo sacerdote custode, le autorità comunali pensarono di affidare il “romitorio” a un ordine religioso, che avrebbe potuto convertirlo in convento. Furono presi contatti con i Frati dell’Osservanza, una delle branche riformate del francescanesimo ma questi, visionata la località, declinarono l’invito, poiché la ritenevano troppo vicina alle acque palustri e, perciò, insalubre; avrebbero scelto il convento di Colleviti. Nominato un nuovo sacerdote “romito” in via provvisoria, i rappresentanti della Comunità pensarono di mettersi in contatto con i Frati Cappuccini, altra branca riformata del francescanesimo, fondata nel 1525, e il 17 dicembre inviarono Sabatino di Jacopo Baldi e Pietro di Paolo Baronti, cittadini uzzanesi, a parlare con il loro Procuratore in Pistoia, Padre Onofrio Todino da Montegranaro. Un mese dopo, il 19 gennaio 1567, Padre Giovanni Portoghese, vice-procuratore, prese ufficialmente possesso del romitorio del Torricchio. Alla cerimonia d’accettazione furono presenti Prete Antonio Gabriele Verdi, vice-rettore della chiesa dei S.s. Jacopo e Martino di Uzzano, e Prete Domenico Pacini, rettore della chiesa dei S.s. Bartolomeo e Silvestro della Costa, oltre agli Ufficiali Maggiori e ai Capitani di Parte Guelfa del Comune di Uzzano. Il 25 gennaio, il consiglio della Comunità di Uzzano incaricò quattro “sindaci” di stilare un preventivo per la riconversione del romitorio in convento. Furono prelevati dei fondi dalle casse delle Opere di Uzzano e della Costa, inoltre furono messi in affitto i terreni di pertinenza dell’oratorio del Torricchio e il ricavato destinato ai lavori di ristrutturazione. La riconversione del romitorio in convento fu ultimata nel 1574. In quell’anno, i rappresentanti della Comunità rinnovarono ai frati le medesime condizioni previste per i sacerdoti custodi della chiesa del Torricchio, in particolare la cerimonia da tenersi il 13 maggio di ogni anno, nella quale il Padre guardiano del convento avrebbe riconsegnato le chiavi al Comune, che poi avrebbe provveduto a restituirgliele. Il nucleo originario del convento del Torricchio era costituito da due bracci, per un totale di 18 celle. L’antico oratorio del Torricchio, presso il quale aveva sede una compagnia ed era officiato da un cappellano, fu ampliato e dedicato a S. Jacopo. Nel mezzo del chiostro, fu scavato un pozzo molto profondo “di viva sorgente”. Nel 1632, un benefattore di Borgo a Buggiano, tal Messer Gabbriello, donò l’occorrente per la costruzione di una cisterna. Nel 1674, i frati edificarono una nuova chiesa, di esclusiva pertinenza del convento, a fianco di quella di S. Jacopo, e la dedicarono all’Immacolata Concezione di Maria, molto cara all’ordine cappuccino. Nel 1689, fu eretto il braccio meridionale del convento. Nel 1777, per alcuni mesi, alloggiò presso il Torricchio Fra’ Felice da Sambuca (1734 – 1805), fratello cappuccino laico proveniente dalla Sicilia, che nella sua regione fu un pittore di cose sacre molto prolifico e lo fu anche durante la permanenza in Toscana. Ben dodici tele di Fra’ Felice andarono ad adornare la chiesa del convento. Inoltre, lasciò sue produzioni a Borgo a Buggiano, a Lucca e a Pistoia, contaminando con caratteri toscani ed emiliani il suo stile tipicamente siciliano. Il 13 settembre 1810, Napoleone Bonaparte decretò la soppressione degli ordini religiosi sul territorio dell’impero, di cui la Toscana faceva parte. I Padri Cappuccini dovettero lasciare il convento, che fu affidato ai Cappellani della Basilica Laurenziana di Firenze, i quali, a loro volta, lo concessero in usufrutto al signor Ruggero Lanfranchi del Torricchio. La popolazione del Torricchio sperò per oltre trent’anni che i frati tornassero al Torricchio e si attivò con suppliche agli organi civili ed ecclesiastici. Finalmente, il 5 aprile 1843 il Granduca di Toscana accordò il ritorno dei Padri Cappuccini, i quali avrebbero provveduto a riacquisire il convento e le sue pertinenze. Il padre provinciale dell’Ordine si disse favorevole alla riacquisizione, purché i beni fossero liberati dai livelli che li gravavano. Risolta tale questione legale, fu effettuata una raccolta fondi

Il chiostro del convento oggi.

per i restauri, cui parteciparono il vicario capitolare della Diocesi di Pescia Pietro Forti, il rettore della parrocchia Giovan Battista Pucci, il superiore provinciale dei Padri Cappuccini, i signori N.H. Bernardo Magnani, Luigi Benedetti e Luigi Lenzi. I Padri Cappuccini poterono rientrare al Torricchio il 30 agosto 1845. Dopo venticinque anni, nel 1870, a seguito della revoca del riconoscimento giuridico a molti ordini religiosi, i Padri Cappuccini furono costretti a lasciare nuovamente il convento del Torricchio, che fu incamerato al Demanio e messo in vendita. Lo acquistò Sofia Lanfranchi nei Petri, una ricca signora del posto che non voleva che venisse ridotto a usi profani e lo lasciò vuoto, in attesa che i frati vi facessero ritorno. Con l’inizio del nuovo secolo, trascorsi quasi trent’anni dalla partenza dei Cappuccini, al Torricchio si formò un comitato, costituito da Pietro e Ferdinando Ercolini, Oreste e Pellegrino Arrigoni e Michele Cipriani con il compito di redigere una petizione da presentare nientemeno che a Papa Leone XIII. Tale petizione fu ostacolata dall’intervento del Procuratore generale dei Minori Osservanti, preoccupato che il riaffidamento del convento del Torricchio ai Cappuccini andasse a detrimento del convento osservante di Buggiano. Ad ogni modo, la Sacra Congregazione dei Vescovi e Religiosi accettò la richiesta dei torricchiani, con lettera del 30 dicembre 1902, a firma del Prefetto Card. Ferraro e Mons. Giuntini Segretario, inviata al vescovo di Pescia Mons. Donato Velluti Zati. Alla notizia del via libera, al Torricchio furono suonate le campane a festa e sparati i fuochi d’artificio. Il ritorno dei frati non fu immediato, tuttavia. Il vescovo di Pescia Mons. Donato Vellutini Zati, infatti, non voleva che la chiesa conventuale funzionasse pubblicamente e intimò ai frati di costruire una cappella all’interno del convento. Gli organismi provinciali dei Padri Cappuccini si dimostrarono contrariati, poiché non ritenevano tale richiesta plausibile, in quanto i frati non sono un ordine di clausura. Affinché la situazione si sbloccasse e si favorisse il rientro dei frati, si pronunciarono importanti personalità, tra le quali il Maestro Don Lorenzo Perosi (1872 – 1956), insigne compositore, che aveva la casa a Borgo a Buggiano, in Via dei Busoni, a due passi dal Torricchio, ed era solito frequentare il convento. Vedendo che la Provincia toscana dei Padri Cappuccini stava nicchiando nel far ritornare i frati, i torricchiani pensarono di rivolgersi alla Provincia lucchese, che si dimostrò interessata. Per non creare conflitti nella Provincia toscana, il provinciale accelerò le pratiche e i frati rientrarono finalmente al Torricchio nel novembre 1903. Come gesto di ringraziamento, il provinciale Padre Pacifico da Seggiano andò a visitare la signora Sofia Lanfranchi, ormai anziana, la quale ordinò al

L’orto del convento, anni ’60.

figlio Carlo di riconsegnare il convento ai frati. Proseguì per alcuni anni la diatriba tra la diocesi e i Cappuccini sull’apertura al pubblico della chiesa conventuale, fino al 1915, in cui il vescovo di Pescia Mons. Angelo Simonetti decise di trasferire il rettore del Torricchio Don Emilio Magrini e incaricare il cappuccino Padre Alessandro Cerbioni di fungere da parroco, incoraggiando così la vocazione comunitaria dei frati. Nel 1936, il convento del Torricchio passò sotto la Provincia cappuccina di Lucca. Con tale passaggio, presso il convento fu istituita una casa di studio per gli studenti di liceo, fino al 1944. In quello stesso anno, al Torricchio si trasferirono per due mesi alcune suore cappuccine del convento di Via dei Fossi a Lucca, che furono ben accolte dalla popolazione della parrocchia. Dal 1956 al 1967, il convento fu casa di noviziato, affidata a Padre Ceccardo Ciuffani da Carrara. La crisi delle vocazioni portò la Provincia toscana dei Padri Cappuccini, alla quale il convento era stato passato dopo la soppressione di quella lucchese, a decidere la chiusura di alcuni conventi, tra cui nel 2010 quello del Torricchio, a oltre quattrocento anni dalla fondazione. Padre Mauro Alberto Costa, ultimo frate rimasto, fu trasferito nel convento di S. Francesco a Montecatini Terme, ma proseguì il ministero parrocchiale al Torricchio. Nel 2011, il convento del Torricchio divenne casa di spiritualità dell’Ordine Francescano Secolare.

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